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SOPRA DANTE 215

dere assai, volendo pienamente raccontare ogni parte di questa miseria; ma perciocchè disutile è la materia, in poche conchiudendo le molte parole, dico, che la vita dell’accidioso è, quanto più può, simigliante alla morte. È nondimeno questo vizio origine e cagione di molti mali: di costui nasce non solamente povertà, ma indigenza e miseria, nella quale rognoso, scabbioso, bolso, malinconico e pannoso si diviene: nasce ancor da costui afflizion d’animo, odio di sè medesimo e rincrescimento di vita: nascene ignoranza di Dio, vilipension di virtù, perdimento di fama, e moltitudine di pensier vani: tiepidezza di spirito, prolungazion d’opere, e fastidio general d’ogni bene; e ultimamente dopo la trista vita, eterna perdizion dell’anima, E perciocchè tutti gli atti di coloro, i quali sono da questo vizio occupati, sono freddi, torpenti e rimessi, e in quanto possono, nascosi e occulti, gli fa assai convenientemente l’autore stare nascosi e riposti, senza potere esser veduti, nel fangoso fondo della misera palude bogliente, nera e nebulosa; e in quella gorgogliare con la gola piena del fastidio di quella, e piagnere e senza pro’ dolersi della vita trista e negligente la quale menarono; volendo per questo s’intenda primieramente, per lo calor della palude, il calor della divina ira, il quale siccome contrario alla freddezza del lor peccato, gll tormenta e punisce in gravissimo e intollerabile dolore: e per 1’essere la palude nera, vuol s’intenda la tenebrosa lor vita, e la oscurità delle loro opere, delle quali mai in luce alcuna non apparve. E per questo ancora vuole loro stare tuffati, sotterrati e occulti