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214 COMENTO DEL BOCCACCI

pensieri, in tutte le sue meditazioni s’attrista, ogn’ora divenendo più vile, intanto che la sua vita, quasi non fosse vivo, trapassa; e in essa dolorosa non è cosa alcuna, quantunque menoma, la quale esso s’attenti di cominciare e se pure tanto lo infesta la necessità che egli alcuna ne cominci, nel cominciamento medesimo invilisce, sì che le più volte intralasciatala, non la conduce alla fine. Il tempo freddo il rattrappa, il caldo il dissolve, il giorno gli è noioso, e la notte grave; ciascheduna ora, e in qualunque stagione, ha in sè al giudicio del pigro alcuno impedimento intorno alle cose che occorrono da fare, e cosi il tempo nuvolo e ’l sereno. La cura familiare sempre gli peggiora tra le mani; non visita, non sollecita le possessioni sue, non i lavoratori di quelle, non i servi, e l’essergli di quelle i frutti diminuiti, non se ne cura per traccutanza. Alle pubbliche cose non ardirebbe di salire, alle quali se pur sospinto fosse per li meriti d’alcun suo, come uno addormentato si starebbe in quelle: i letti, le notti lunghissime, e i sonni non più corti che quelle, gli sono graziosissimo e disiderabile bene: la solitudine, le tenebre e il silenzio prepone ad ogni dilettevole compagnia. Ma posponendo gli atti morali, e alquanto parlando degli spirituali, non visita gì’ infermi, non visita gl’incarcerati, non sovviene di consiglio a’ bisognosi, non visita la chiesa, non si confessa a’ tempi, non prende i sacramenti, non dispone nè i fatti dell’anima nè quegli del corpo: non onora il corpo di Cristo, per non trarsi il cappuccio, all’usanza di Fiandra. Ma che molte parole? L’uomo si potrebbe sten-