Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/217


SOPRA DANTE 213

condochè nel quarto dell’Etica mostra Aristotile di piacere, colui essere accidioso, il quale dove bisogna non s’adira, dicendo essere atto di stolto il non adirarsi, dove, e quanto, e in quel che bisogna; perciocchè pare, che questo cotale non abbia sentimento d’uomo, e però di nulla cosa s’attristi, e così non essere vendicativo: e aggiugne, che sostenere l’ingiuriante, e il non avere gli amici in prezzo, sia alto servile: della qual sentenza, considerata bene la cagione, credo n’apparirà ogni altra cosa che all’accidioso s’attribuisce dover nascere e venire, Che dobbiam noi credere altro di questa rimessione d’animo dell’accidioso, se non quella procedere da un torpore, da una viltà, da una oziosità di mente, per le quali esso senza turbarsi sostiene le ingiurie? Se ciò avvenisse per umiltà, o per essere obbediente a’ comandamenti di Dio, come molti santi uomini hanno già fatto, non potrebbe però senza alcuna perturbazion d’animo essere avvenuto; perciocchè non può vittoria seguire, dove il nemico non è comparito, e dove battaglia non è stata; e noi diciamo i santi uomini essere stati vittoriosi nelle passioni: turbasi adunque il santo e savio uomo, quante volte vede o ode, in sè o in altrui, dire o operare quello che nè dire nè operare si convenga; ma prima ch’egli lasci tanto avanti la perturbazione procedere, che ad atto di peccato potesse pervenire, con umiltà e con buona pazienza vince la turbazione, e di questa vittoria merita: ma l’accidioso non è così; perciocchè non per virtù, ma per cattività è paziente, e tutto dimessosi per la viltà dell’animo suo all’ozio, in tutti i suoi