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SOPRA DANTE 205

sue parole nello Evangelio, nel quale egli per farci al perdonare inchinevoli, per figura dimostra di quel signore, il quale volle rivedere la ragione dell’amministrazione che un de’ suoi servi aveva fatta de’ fatti suoi: trovò che il servo gli doveva dare cento talenti; e però comandò, che esso ogni sua cosa venduta, fosse messo in prigione, infiino a tanto che egli avesse interamente pagato: ma pregandolo cona umiltà il servo gli perdonasse, impetrò rimessione dei debito: e poi liberato, fece senza voler perdonare prendere un suo conservo, per dieci talenti dar gli dovea, e metterlo in prigione: il che udendo il signore, che cento n’avea perdonati a lui, il fece prendere, e d’ogni suo bene spogliare, e gittare nelle tenebre esteriori, perciocchè verso il prossimo suo era stato ingrato, non volendosi ricordare di ciò che esso avea dal suo signor ricevuto. Alle quali cose se noi riguardassimo, cognosceremrao questo signore essere Iddio Padre, e il servo che dar dovea i cento talenti essere ciascheduno uomo: e perchè possibile non era pagare il debito, mandò di cielo in terra il figliuolo, il quale con la sua passione e morte ne liberò da così ponderoso debito; e noi poi mal grati di tanta grazia, non ci possiamo, nè ci lasciamo recare a’ conforti di coloro che saviamente ne consigliano, a perdonare alcuna ingiuria, quantunque menoma, l’uno all’altro; di che egli avviene, che privati d’ogni nostro bene, siamo per giudicio di Dio gittati in casa il diavolo. Ma quantunque l’uno pecchi meno che l’altro, di queste tre maniere d’iracundi, nondimeno tutte offendono gravemente Iddio, sì nel non aver