Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/17


SOPRA DANTE 13

e comanda che ad esecuzion sia mandato. E quivi descrive, a questo demonio posto per giudice, essere una dimostrazione assai strana in dichiarare quello che vuole che ad esecuzion si mandi, in quanto dice, secondo ch’avvinghia, cioè secondo il numero delle volte che gli dà dintorno alla persona la coda sua. Ora perciocchè all’autore pare aver molto succintamente descritto l’uficio di questo Minos, per farlo più chiaro reassumendo e’ dice,

Dico, che quando l’anima mal nata,

cioè del peccator dannato (quia melius fuisset illi, si natus non fuisset homo ille) Gli vien dinanzi, a questo giudice, tutta si confessa, cioè tutta s’apre, senza alcuna riservazion fare delle sue colpe. La qual cosa, cioè riservarsi e nascondere delle sue colpe, eziandio volendo non potrebbe fare, perciocchè non veggono i giudici spirituali con quegli occhi che veggiam noi, ma prestamente e senza alcun velame veggiono ciò che al loro uficio appartiene.

E quel cognoscitor delle peccata,

cioè Minos; dimostrando in lui essere tra l’altre, una delle condizioni opportune a coloro che preposti sono al giudicio delle colpe d’alcuno, cioè che essi sieno discreti, e cognoscano gli effetti e le qualità di quelle cose, le quali possono occorrere al suo giudicio:

Vede qual luogo d’inferno è da essa,

cioè quale supplicio infernale sia conveniente alla sua colpa.

Cignesi con la coda tante volte,
Quantunque gradi vuol che giù sia messa.