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SOPRA DANTE 113

fezion; perfezione è un nome, il quale sempre suona in bene e in aumento della cosa la quale di non perfetta divien perfetta; e perciocchè ne’ dannati non può perfezione essere alcuna, e per questo per riavere i corpi non saranno più perfetti, ma piuttosto diminuiti, dice l’autore,

In vera perfezion giammai non vada:

andrà adunque non in perfezione, ma in alcuna similitudine di perfezione, in quanto riavranno i corpi così come gli riavranno i beati, ma i beati gli riavranno in aumento di gloria, dove i dannati gli riavranno in aumento di tormento e di pena, la quale è diminuzione di perfezione. Di là, cioè dalla sentenza di Dio, più, che di qua, dalla detta sentenza, essere aspetta, in maggior pena; cioè aspetta, dopo i corpi riavuti, molta maggior pena che essi non hanno o avranno infino al dì che i corpi riprenderanno. Noi aggirammo. Qui comincia la quinta e ultima parte nella quale l’autor mostra dove pervenissero, e dice,

Noi aggirammo a tondo quella strada,

e dice a tondo, perciocchè ritondo è quello luogo, come molte volte è stato detto;

Parlando più, assai ch’io non ridico,

pure intorno alla vita futura, Venimmo al punto, cioè al luogo, dove si digrada, per discendere nel quarto cerchio dell’inferno,

Quivi trovammo Pluto il gran nemico,

cioè il gran demonio: il qual Pluto chi egli sia racconteremo nel canto seguente, nondimeno il chiama qui l’autore avvedutamente il gran nemico, in quan-

com. di dante T. II. 8