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SOPRA DANTE 103

ciocchè esso ne dona la ragione, la volontà, il libero arbitrio, e danne la memoria, l’eternità, e l’intelletto, e in queste cose ne fa simili a sè: le quali cose, quantunque nella sua ira moiamo, in parte ne rimangono, tra le quali è quella parte della sua divinità, la quale conceduta ne ha: e se questa rimane a’ dannati, meritamente delle cose future si possono addomandare, ed essi ne possono rispondere: perchè non pare che l’autore inconvenientemente abbia del futuro addomandata l’anima dannata, ma che le predette dote ne sien concedute pare che si provi per la divina Scrittura, nella quale si legge quasi nel principio del Genesi, Dixit Deus: faciamus hominem, ad imaginem, et similitudinem nostram: e se egli fece questo, che il fece, dunque abbiam noi le cose predette. E il vero, che queste cose furono conceduto all’anima e non al corpo; perciocchè il corpo nostro non ha similitudine alcuna con Domeneddio; perciocchè Domeneddio, come altra volta è detto, non ha nè mani nè piedi, nè alcuna altra cosa corporea; quantunque la divina Scrittura questi membri gli attribuisca, acciocchè i nostri ingegni, da dimostrata forma possan comprendere i misterii che sotto questa forma la Scrittura intende. Furono adunque concedute all’anima, la quale esso perciò chiamò uomo, perchè ella è quella cosa per la quale è l’uomo, mentre ella sta congiunta col corpo: e di questi così magnifichi doni, come tutti gli eserciti l’anima mentre viviamo, nondimeno alcun n’esercita dopo la morte del corpo, come detto è: ma che la divinità ne sia conceduta, e che ella nelle nostre