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SOPRA DANTE 281

Marco Bruto ricevette. Appresso fuggitisi i congiurati, ed egli essendo morto, disfatte le sedie giudiciali della corte, le quali si chiamavano rostri, glie ne fu fatto secondo l’antico costume un rogo, e con grandissimo onore fu il corpo suo arso, e le ceneri raccolte, e diligentemente, furon messe in quel vaso ritondo di bronzo, il quale ancora si vede sopra quella pietra quadrangula acuta ed alta, che è oggi dietro alla chiesa di san Piero in Roma, la quale il vulgo chiama Aguglia, comechè il suo vero nome sia Giulia: con gli occhi grifagni. Non mi ricorda aver letta la qualità degli occhi di Giulio Cesare; ma perciocchè gli occhi grifagni, se da grifone viene questo nome, sono riposti nella fronte sotto ciglia aguzzate, e piccoli per rispetto agli altri, e per questo hanno a significare astuzia e fierezza d’animo dovere essere in colui che gli ha: e queste cose furono in Cesare: e però credere dobbiamo l’autore, o colui da cui l’ebbe, dovere o dire il vero, o estimare dagli effetti veri, Cesare dovergli così avere avuti fatti ragionevolmente. Vidi Cammilla. Chi costei fosse, distesamente è scritto sopra il primo canto del presente libro; e però qui non bisogna di replicare. Ponla nondimeno qui l’autore per la sua virginità, e per la sua costante perseveranza in quella: e oltre a ciò per lo suo virile animo, per lo quale non femminilmente, ma virilmente adoperò, e mori: e la Pantasilea.

La Pantasilea fu reina dell’Amazzone, cioè di quelle donne, le quali senza volere o compagnia o signoria d’uomini, per sè medesime in Asia, allato