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256 | COMENTO DEL BOCCACCI |
cosa lasciata, andare ia una isola, la quale è nel Mar maggiore, chiamata Tomitania: ed in quella relegato da Ottaviano, stette Infìno alla morte. È questa isola nella più lontana parte che sia nel Mar maggiore nella foce d’un fiume de’ Colchi, il quale si chiama Phasis, E in questo esilio dimorando, compose alcuni libri, siccome fu quello de Tristibus, in tre libri partito. Composevi quello, il quale egli intitola in Ibin. Composevi quello che egli intitola de Ponto, e tutti sono in versi elegiati, come quelli che di sopra dicemmo. La cagione per la quale fu da Ottaviano in Tomitania rilegato, siccome egli scrive nel libro de Tristibus, mostra fosse l’una delle due o amendue; e questo mostra scrivendo:
Perdiderint me cum duo crimina carmen, et error.
La prima adunque dice che fu l’aver veduta alcuna cosa d’Ottaviano Cesare, la quale esso Ottaviano non avrebbe voluto che alcuno veduta avesse: e di questa si duole molto nel detto libro, dicendo:
Cur aliquid vidi, cur lumina noxia feci?
Ma che cosa questa fosse, in alcuna parte non iscrive, dicendo convenirgliele tacere, quivi
Alterius facti culpa silenda mihi est.
La seconda cagione dice che fu l’avere composto il libro de Arte amandi, il quale pareva molto dover adoperare contro a’ buoni costumi de’ giovani e delle donne di Roma. E di questo nel detto libro si duol molto, e quanto può s’ingegna di mostrare questo peccato non aver meritata quella pena. Alcuni aggiungono una terza cagione, e vogliono lui essersi inteso in Livia moglie d’Ottaviano, e lei esser quella