dicendo d’Omero. Fu questo valente uomo, secondo Callimaco, nominato Omero per lo vaticinio di lui detto da un matematico, il quale per avventura intervenne, nascendo egli, il quale disse: colui che al presente nasce morrà cieco, e per questo fu dal padre nominato Omero: il quale nome è composto ab o, che in latino viene a dire io, e mi, che in latino viene a dire non, ed ero, che in latino viene a dire veggio: e così tutto insieme viene a dire io non veggio: e come nel processo apparirà, secondo il vaticinio morì cieco. Questi dalla sua fanciullezza, aiutandolo come poteva la madre, si diede agli studii: e udite sotto diversi dottori le liberali arti, lungo tempo udì sotto un poeta chiamato Pronapide, chiarissimo in quei tempi in quella facultà; e appresso questo, partitosi di Grecia, seguendo i famosi studii, se n’andò in Egitto, dove sotto molti valenti uomini udì poesia e filosofìa e altre scienze, e massimamente sotto un filosofo chiamato Falacro, in quelli tempi sopra ogn’altro famoso; ed in Egitto perseverò nel torno di venti anni, con maravigliosa sollecitudine: e quindi poi se ne tornò in Arcadia, dove per infermità perdè il vedere. E cieco e povero si crede che componesse nel torno di tredici volumi variamente titolati, e tutti in istilo eroico, de’ quali ancora si trovano alquanti, e massimamente la Iliade, distinta in ventiquattro libri, nella quale tratta delle battaglie de’ Greci e de’ Troiani, infino alla morte d’Ettore, mirabilmente commendando Achille. Compose similemente l’Odissea in ventiquattro libri partita, nella quale tratta gli errori d’Ulisse, li quali dieci anni perseverarono