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SOPRA DANTE 109

sente opera, s’intenda per la ragione a noi conceduta da Dio, e per la quale noi siamo chiamati animali razionali; perciocchè la ragione è quella parte dell’uomo, nella quale si dee credere questa seconda grazia ricevere e abitare; conciosiacosachè essa ne fia da Dio data, non solamente a cooperare con l’altre nostre potenze animali e intellettive, ma a dirizzare e a guidare ogni nostra operazione in bene: la qual cosa ella fu mossa e ammaestrata dalla divina grazia, quante volte è da noi lasciata esser donna e imperadrice de’ nostri sensi: ma quando la sensualità, per le nostre colpe, la caccia del luogo suo, e signoreggia ella, la ragion tace, e diventa mutola, non comanda, non dispon più secondo il suo consiglio le nostre operazioni. E perciocchè sotto i piedi della sensualità era nell’autore lungo tempo giaciuta, si può dire, che nel primo muover delle sue parole paresse fioca. Questa adunque, come il desiderio della virtù torna, abbattuta la sensualità, risurge, e torna nella sua sedia, e manifestasi alla destituta anima, constituita nel diserto, cioè nel luogo d’ogni virtù d’ogni buona operazione vacuo, pronta e apparecchiata ad ogni sua opportunità: e avanti ad ogni altra cosa, fa in sè medesima maravigliar l’anima riconosciuta; perchè lasciando di salire a Cristo, il quale è principio e cagione d’intera beatitudine, si lascia dallo spaventamento de’ vizii sospignere allo inferno. Della qual cosa segue, che la ragione, mostrandole apertamente che cosa sia l’avarizia, e qual sia il fine suo; cioè che dalla liberalità, la quale è morale e laudevole virtù, ella sia scacciata, supe-