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86 IL FILOSTRATO


XVII.


Lascialo stare alli dolenti avari,
     Cui oro induce a sì fatto servigio;
     Tu fatto l’hai per trarmi degli amari
     Pianti ov’io era, e dal duro letigio
     Che io avea co’ pensieri avversarj,
     E turbator d’ogni dolce vestigio,
     Siccome per amico si dee fare,
     Quando l’amico il vede tribolare.

XVIII.


E perchè tu conosca quanta piena
     Benevolenza da me t’è portata,
     I’ ho la mia sorella Polissena
     Più di bellezza ch’altra pregïata,
     Ed ancor c’è con esso lei Eléna
     Bellissima, la quale è mia cognata;
     Apri il cuor tuo, se te ne piace alcuna,
     Poi mi lascia operar con qual sia l’una.

XIX.


Ma poichè tanto hai fatto, assai più ch’io
     Pregato non t’avrei, metti in effetto
     Quando tempo parratti il mio disio;
     A te ricorro, e sol da te aspetto
     L’alto piacere ed il conforto mio,
     La gioia, e ’l bene, e ’l sollazzo, e ’l diletto;
     Nè più farò se non quanto dirai,
     Mio fia il diletto, e tu ’l grado n’avrai.