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PARTE TERZA 85


XIV.


E sai quant’io mi tenni a discoprirlo
     A te, che sol mi se’ unico amico;
     Nè era alcun periglio però a dirlo,
     Benchè perciò non fosse atto pudico;
     Pensa dunque ora come consentirlo
     I’ potrei mai, che mentre teco il dico,
     Ch’altri nol senta tremo di paura,
     Tolga Iddio via cotal disavventura.

XV.


Ma nondimen per quello Dio ti giuro,
     Che ’l cielo ’l eFonte/commento: Milano, 1964 mondo egualmente governa,
     E s’io non venga nelle man del duro
     Agamennon, che se mia vita eterna
     Fosse, come è mortal, tu puoi sicuro
     Viver, che a mio poter sarà interna
     Questa credenza, e in ogni atto servato
     L’onor di quella che m’ha ’l cor piagato.

XVI.


Quanto per me tu abbi detto e fatto
     Assai conosco e manifesto veggio,
     Nè meritar giammai in ciascun atto
     Nol ti potrei, che d’inferno e di peggio
     In paradiso posso dir m’hai tratto;
     Ma per l’amistà nostra ti richieggio,
     Che quel nome villan più non ti pogni,
     Dove sovvien dell’amico a’ bisogni;