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230 IL FILOSTRATO


LXX.


Deh io ten prego per quella vaghezza
     Che me di te e te di me già prese,
     E similmente per quella dolcezza
     Che li cuor nostri parimente accese;
     E poi appresso per quella bellezza
     La qual possiedi, donna mia cortese;
     Per li sospiri e pe’ pietosi pianti
     Che noi facemmo insieme già cotanti.

LXXI.


Pe’ dolci baci e per quello abbracciare
     Che già ci tenne insieme tanto stretti;
     Per la gran festa e ’l dolce ragionare,
     Che più lieti facea nostri diletti;
     Per quella fede ancor la qual prestare
     Ti piacque già negli amorosi detti,
     Quando l’ultima volta ci partimmo,
     Nè più insieme appresso poi reddimmo;

LXXII.


Che di me ti ricordi, e che tu torni:
     E se per avventura se’ impedita,
     Mi scrivi chi dopo li dieci giorni
     T’ha ritenuta di qui far reddita.
     Deh non sia grave a’ tuoi parlari adorni,
     In questo almen contenta la mia vita,
     E dimmi se io deggio più di spene
     In te avere omai, dolce mio bene.