Pagina:Boccaccio - Il Filostrato di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto su i testi a penna, 1831.djvu/238

226 IL FILOSTRATO


LVIII.


Ma forte temo che novello amore
     Non sia cagion di tua lunga dimora,
     Il che se fosse, mi saria dolore
     Maggior ch’alcun ch’io ne provassi ancora;
     E se l’ha meritato il mio fervore,
     Nol devi avere tu a conoscer ora:
     Di questo vivo misero in paura
     Tal, che diletto e speranza mi fura.

LIX.


Questa paura dispietate stride
     Trarre mi fa, quand’io vorrei posarmi;
     Questa paura sola mi conquide
     Dentro al pensiero, ond’io non so che farmi;
     Questa paura, oimè lasso, m’uccide,
     Nè so nè posso più da lei atarmi;
     Questa paura m’ha recato in parte,
     Ch’a Venere non sono util nè a Marte.

LX.


Gli occhi dolenti dopo il tuo partire
     Di lagrimar non ristetter giammai;
     Mangiar nè ber, riposar nè dormire
     Poi non potei, ma sempre ho tratti guai;
     E quel che più della mia bocca udire
     Potuto s’è, nomarti sempre mai,
     E chiamar te ed amor per conforto,
     Per questo credo sol ch’io non sia morto.