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PARTE SETTIMA 217


XXXI.


Io ti credetti e sperava per certo
     Santa esser la tua fede, e le parole
     Essere un vero certissimo e aperto
     Più ch’a’ viventi la luce del sole;
     Ma tu parlavi ambiguo e coperto,
     Siccome egli ora appar nelle tue fole;
     Che solamente a me non se’ tornata,
     Ma con altro uomo ti se’ innamorata.

XXXII.


Che farò Pandaro? io mi sento un fuoco
     Di nuovo acceso nella mente forte,
     Tal ch’io non trovo nel mio pensier loco:
     Io vo’ colle mie man prender la morte,
     Che ’n tal vita più star non saria giuoco;
     Poi la fortuna a sì malvagia sorte
     Recato m’ha, il morir fia diletto,
     Dove il viver saria noia e dispetto.

XXXIII.


E questo detto, corse ad un coltello,
     Il qual pendea nella camera aguto,
     E per lo petto si volle con ello
     Dar, se non fosse che fu ritenuto
     Da Pandaro, il quale il tapinello
     Giovane prese, com’ebbe veduto
     Lui disperar nelle parole usate,
     Con sospiri e con lagrime versate.