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196 IL FILOSTRATO


V.


Oimè lassa! or t’avess’io creduto,
     E insieme tramendue fossimo giti
     Dove e in qual regno ti fosse piaciuto;
     Ch’or non sarien questi dolor sentiti
     Da me, nè tanto buon tempo perduto:
     Quando che sia saremmo poi redditi;
     E chi di me avria poi detto male,
     Perchè andata ne fossi con uom tale?

VI.


Oime lassa! che tardi m’avveggio
     Che ’l senno mio mi torna ora nemico:
     Io fuggii il male e seguitai il peggio,
     Onde di gioia il mio cuore è mendico;
     E per conforto invan la morte chieggio,
     Poi veder non ti posso, o dolce amico,
     E temo di giammai più non vederti;
     Così sien tosto li Greci diserti!

VIII.


Ma mio poter farò quinci fuggirmi,
     Se conceduto non mi fia ’l venire
     In altra guisa, e con teco reddirmi
     Com’io promisi; e vada dove gire
     Ne vuole il fumo, e ciò che può seguirmi
     Di ciò ne segua; ch’anzi che morire
     Di dolor voglia, io voglio che parlare
     Possa chi voglia e di ciò abbaiare.