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128 IL FILOSTRATO


XLVI.


Pandaro, il qual non men forte piangea,
     Rispose: sì, così non fosse ’l vero!
     Oimè lasso, ch’io non mi credea,
     Che questo tempo sì dolce e sincero
     Mancasse così tosto; nè potea
     Meco vedere che al tuo bene intero
     Potesse nuocer fuor che palesarsi;
     Or veggio tutt’i nostri avvisi scarsi.

XLVII.


Ma tu, perchè tanta angoscia ti dai?
     Perchè tanto dolore e tal tormento?
     Ciò che desideravi avuto l’hai,
     Esser dovresti sol di ciò contento:
     Lasciagli a me e questi e gli altri guai,
     C’ho sempre amato, e mai un guatamento
     Non ebbi da colei che mi disface,
     E che potrebbe sola darmi pace.

XLVIII.


Ed oltre a ciò, questa città si vede
     Piena di belle donne e grazïose,
     E se ’l ben ch’io ti vo’ merita fede,
     Nulla ce n’è, quai vuol le più vezzose,
     Che a grado non le sia aver mercede
     Di te, se tu per lei in amorose
     Pene entrerai, però se noi perdemo
     Costei, molt’altre ne ritroveremo.