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tornando alla nostra quistione, diciamo che atto di veramente innamorata fu quello di quella che timida si mostrò e vergognosa. Quello dell’altra, più tosto di scelerata libidinosa che d’innamorata fu sembiante: e però essendo egli più da colei amato, più dee lei, secondo il nostro giudicio, amare -.

Rispose allora la donna: Gentil reina, vera cosa è che amore, ov’egli moderatamente dimora, temenza e vergogna conviene che ci sia, ma là ove egli in tanta quantità abonda, che agli occhi dei più savi leva la vista, come già qui per adietro si disse, dico che temenza non ci ha luogo, ma i movimenti di chi ciò sente sono secondo che egli sospigne: e però quella giovane, vedendosi inanzi il suo disio, tanto s’accese, che, abandonata ogni vergogna, corse a quello di che era sì forte stimolata, che avanti sostenere non potea. L’altra, non tanto infiammata, servò più gli amorosi termini, vergognandosi, e rimanendo come voi dite. Dunque quella più ama e più dovrà essere amata -.

- Savia donna - disse la reina, - veramente a’ più savi leva amore soperchio la veduta e ogni altro debito sentimento, quanto alle cose che sono fuori di sua natura; ma in quelle che a sé appartengono, come egli cresce così crescono. Adunque, quanta maggior quantità d’esso in alcuno si truova, e così del timore, come davanti dicemmo. Che questo sia vero, lo scelerato ardore di Blibide il ci manifesta, la quale quanto amasse si dimostrò nella sua fine, vedendosi abandonata e rifiutata: né già per questo ebbe ella ardire di scoprirsi con le propie parole, ma scrivendo