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la vicina morte, la quale io certo non debbo mal volontieri prendere, però che lungamente vivuto sono, e delle sue ragioni ho più tosto prese che ella delle mie. E appresso, avanti ch’ella abbia la mia vita occupata, assai di quello ch’io ho disiderato e che ora fu, io non credetti mai vedere, ho veduto: però qualora viene lietamente la riceverò. La quale poi che del mondo tolto m’avrà, e renduta l’anima al futuro secolo, tu del presente regno, del quale io lungamente re sono stato, prenderai la corona e ’l reggimento. Per che io all’altre cose principalmente ti priego e comando che te prima regghi e governi, sì che coloro, i quali tu avrai a reggere, di te non si facciano con ragione scherno, e questo faccendo, niuno sarà che di bene essere retto non speri. Siati la superbia nimica, e quanto puoi la fuggi, però che ne’ suggetti, seguendola, suole rebellazioni e indegnazioni d’animo e inobedienze generare: e poche cose sono nel cospetto di Dio tanto noiose quanto quella, però vivi umilemente, e co’ tuoi suggetti sii familiare quanto si conviene. Né l’iracunda rabbia sia o duri in te, la quale suole inducere subiti movimenti e sconci, li quali, poi passata, sogliono dolere. Niuna vendetta sia da te presa adirato, però che l’ira ha forza d’occupare l’animo sì che egli non possa discernere il vero: dunque, passata quella, con discrezione procedi sopra quello per che t’adirasti. E ben che talora sia fallo che aspra vendetta meriti, mitiga i tormenti, e dove si conviene perdona volentieri: egli è a’ signori gran gloria l’avere perdonato. Né ti muova invidia a dolerti degli altrui beni: ella suole, mostrando gli altrui regni più che i suoi uberosi, fare sanza utilità