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a me non stiano bene a porgervi queste parole (ma costretto da necessità le dico), sono di Spagna, e figliuolo unico del re Felice signoreggiante quella; e nelle fini de’ nostri regni, sì come alcuni m’hanno detto, uno tempio ha ad uno dei dodici discepoli del Figliuolo di Dio dedicato, al quale i fedeli della santa legge che voi tenete e ch’io tenere credo, hanno divozione grandissima, e sovente il visitano. E avendo a quello uno di questa città nobilissimo singulare fede, il cui nome fu Lelio Africano, con più giovani a visitarlo si mise in cammino, e con lui menò una sua donna, il cui nome era Giulia. Né erano ancora pervenuti a quello, che essendo al mio padre stato dato a vedere che suoi nimici fossero e assalitori del suo regno, passando essi per una profonda valle, da lui e da sua gente furono virilmente assaliti: e per quello che io inteso abbia, egli co’ suoi mirabilissima difesa fecero, ma ultimamente tutti, nel mezzo de’ cavalieri di mio padre, che di numero in molti doppii loro avanzavano, rimasero morti, tra’ quali Lelio similemente fu ucciso. Dopo cui in vita Giulia rimase, e gravida per singulare dono, per la sua inestimabile bellezza fu alla mia madre presentata, la quale da lei graziosamente ricevuta e onorata fu: e di ciò mi sia testimonio Iddio ch’io dico vero. Era similemente la mia madre pregna, e amendune in un giorno, la mia madre me, e Giulia una giovane chiamata Biancifiore partorì, e rendé l’anima a Dio, e sepellita fu onorevolemente in uno nostro tempio secondo il nostro costume. Noi, nati insieme, con grandissima diligenza nutricati fummo, e in molte cose ammaestrati, e sì come io ora credo, volere di Dio fu che l’