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con aperta ragione aver mostrato - disse Ilario; - ora alla sesta piena di grazia, nella quale dimoriamo, con più lento passo ci conviene procedere, e dicovi così. Come voi poteste nel principio del mio parlare comprendere, se bene ascoltaste, uno è il creatore di tutte le cose, a cui principio non fu né fine sarà mai, il quale, da sé gittate le superbe creature, volle di nobile generazione riempiere i voti luoghi, e creò l’uomo, al quale morte annunziò se il mandato passasse, com’io vi dissi. Ma quelli, vinta la sua sposa dalle false subduzioni dell’etterno nimico, piacendo a lei il trapassò, per che cacciato con lei insieme del glorioso luogo, agli affannosi cultivamenti della terra ne venne, e morì; e noi, sì come suoi successori, corporalmente tutti moriamo. Ma però che le nostre anime, fatte da Dio alla sua imagine, tutte andavano a’ dolenti regni de’ malvagi angeli, non tanto giustamente fosse col corpo vivuta, né niuna era possibile per suo merito a risalire colà donde peccando era caduta, il creatore di quelle per sua propia benignità verso noi divenne pietoso, e nel principio di questa sesta età, regnante Ottaviano Augusto e tenendo tutto il mondo in pace quieta, il suo unico Figliuolo volle che s’incarnasse in una vergine di reale progenie discesa, il cui nome fu e è Maria, alla quale in Nazaret, città di Giudea, per convenevole messo il fece annunziare. Dal quale essa rassicurata, al volere del suo signore sì rispose, dicendo: "Ecco l’ancilla del Signore, sia a me secondo la sua parola". La quale risposta fatta, cooperante la virtù del Santo Spirito, l’unico Figliuolo di Dio fu incarnato; alla quale incarnazione niuna naturale operazione fu mescolata, né opportuna, se bene si guarda.