Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/313

questo per nulla ti domando, ché chi alla salute dell’anima non ha cura, come è da presumere che egli di quella del corpo si deggia curare? Poi che tu la nostra legge non servi, non contaminare il nostro tempio sacro: escitene fuori! -. A cui Filocolo disse: Male può servare persona la cosa che mai non li fu nota; forse se io questa vostra legge udissi o quello ch’io dovessi credere mi fosse mostrato, poria essere che, dannando la mia, seguirei questa, e con voi insieme del popolo di Dio diventerei -. - Già per udirla, se mai più non l’udisti, non perderai: io la ti mostrerò tutta, avvegna che a ben volerlati fare intendere mi converrà distendere in molte parole, le quali dubito non ti fossero tediose ad udire -. A cui Filocolo disse: A te non sia affanno il dire, che a me mai l’ascoltare non rincrescerà -. - Adunque - disse Ilario - sediamo, e colui cui tu hai infino ad ora riguardato, il quale di tutti i beni è donatore, e in cui presenza noi dimoriamo, mi conceda che fruttuose siano le mie parole -.

Posersi a sedere Filocolo e Menedon, e Ilario in mezzo di loro, nel cospetto della reverenda imagine. A’ quali parlando Ilario con soave voce mostrò chi fosse il creatore di tutte le cose, e come sanza principio era stato, così niuna fine era da credere a lui dovere essere; e dopo questo loro dichiarò di tanto fattore le prime opere, cioè il cielo e la terra, con ciò che in essi di bene e di bellezza veggiamo o sentiamo, o vedere o sentire si puote. Egli mostrò loro appresso la creazione de’ belli spiriti, i quali non conoscenti prima contro al loro fattore alzaron le ciglia, per la qual cosa etterno essilio meritarono de’ beati regni, essendo