Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/31


LIBRO QUARTO 27

dalle quali poi isviluppato si maraviglia, ma conoscendo i principii onde muovono, quelle sanza alcun pensiero lascia andare: e però quelle cose che ne conti che vedute hai, sì come vane, nella loro vanità le lascia passare. E poi che il tempo si rallegra, e de’ nostri disiderii lieto indizio ci dimostra, e noi similmente ci rallegriamo; andiamo e la piacevole aere su per li salati liti prendiamo: e ragionando, del nostro futuro viaggio ci proveggiamo passando tempo -. Così Filocolo col duca e con Parmenione e con gli altri compagni si mosse, e con lento passo, di diverse cose parlando, verso quella parte ove le reverende ceneri dell’altissimo poeta Maro si posano, dirizzano il loro andare. I quali non furono così parlando guari dalla città dilungati, che essi pervenuti allato ad un giardino, udirono in esso graziosa festa di giovani e di donne. E l’aere di varii strumenti e di quasi angeliche voci ripercossa risonava tutta, entrando con dolce diletto a’ cuori di coloro a’ cui orecchi così riverberata venia: i quali canti a Filocolo piacque di stare alquanto a udire, acciò che la preterita malinconia, mitigandosi per la dolcezza del canto, andasse via. Ristette adunque ad ascoltare: e mentre che la fortuna così lui e i compagni fuori del giardino tenea ad ascoltare sospesi, un giovane uscì di quello, e videli, e nell’aspetto nobilissimi e uomini da riverire gli conobbe. Per che egli sanza indugio tornato a’ compagni, disse: Venite, onoriamo alquanti giovani, ne’ sembianti gentili e di grande essere, i quali, forse vergognandosi di passare qua entro sanza essere chiamati, dimorano di fuori ascoltando i nostri canti -. Lasciarono