Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/300

non è alcuna ove egli più tosto non mi lasciasse andare che a Roma, però che egli s’imagina che i miei parenti incontanente a lui mi togliessero, e ad altrui mi dessero, la qual cosa io mai non consentirei: dunque seguiamo prima i suoi piaceri, però che si conviene lasciargli rivedere il vecchio padre e la dolente madre e il suo regno; i quali veduti, con più audacia gli domanderò Roma vedere co’ miei parenti. Tanto abbiamo sostenuto, ben possiamo questo piccolo termine sostenere; e io te ne priego che infino allora, per amore di me, con pazienza sostenghi il tuo disio -.

Non parlò più avanti Glorizia, se non: Quanto ti piace attenderò -; e tacitamente da lei partendosi, fra sé disse: Quello Iddio cui io adoro e in cui io spero, tosto me la faccia vedere -. Sopravenuta la notte, Biancifiore nel dilicato letto si diede al notturno riposo: la quale poi che de’ gradi con che sale ebbe passati cinque, nel sonno furono da Biancifiore mirabili cose vedute. A lei pareva essere in parte da lei non conosciuta, e quivi vedere davanti da sé sospesa in cielo una donna di grazioso aspetto molto, e le bellezze di quella le sue in grandissima quantità le parea che avanzassero; a cui ella vedea sopra la bionda testa una corona di valore inestimabile al suo parere, e i suoi vestimenti vermigli e percossi da una chiara luce fiammeggiavano tutto il circunstante aere, de’ quali niuna parte d’essa era sanza adornamento di nobilissime pietre o d’oro; e nella destra mano le vedea una palma verde, simile da lei mai non veduta, e la sinistra tenea sopra un pomo d’oro, che sopra il sinistro ginocchio si riposava, e sedea sopra due grifoni, i quali verso il cielo volando, tanto l’avevano