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possiamo su per quella andare che essi non ci vengano tuttavia davanti. Il gran romore che fu poco avanti fu per due che nell’acque si combatteano, a conforto de’ quali ciascuna col gridare aiutava il suo; ma ultimamente il nostro ebbe vittoria, per che di quercia il coronammo, come là vedere il potete -. Disse allora Messaallino: Secondo ch’io avviso, voi dovreste con pace poter sostenere che coloro abitassero il vostro poggio, però che sì gran popolo non mi parete che soperchio terreno sanza quello che coloro hanno preso non abbiate, ma n’avete tanto che sanza cultura la maggior parte veggiamo -. - Certo - disse il villano - più contrarietà di sangue che vaghezza di terreno ci muove a queste brighe, per mio avviso -. - E che contrarietà di sangue è tra voi? - disse Messaallino; - non siete voi tutti uomini, e in una contrada abitate e in un luogo? -. A cui colui rispose: Noi fummo dell’antica città di Fiesole, e allora di quella uscimmo quando Catellina, de’ nostri mali singulare cagione, superato da Antonio e da Afranio ne trasse i nostri antichi, i quali della mortale battaglia appena campati qui fuggirono, e quasi in dubbio di loro salute abitarono quel poggetto che davanti vi dissi, sotto quel nome ch’avete udito che ci chiamiamo. Ma costoro, non è gran tempo passato, quando Attila guastò la nuova città da’ romani fatta a piè della nostra, temendo le fiamme e l’ira del tiranno, qui fuggirono, e sanza alcuno congedo s’abitarono il paese prima da noi occupato: per che noi, a giusta ira mossi, ogni anno a quello che ora ne vedete ne siamo e saremo infino a tanto o che noi di questo paese fuggendo gli cacceremo o che essi noi alle nostre case renderanno vinti -.