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d’avere Biancifiore amata, non sanza ragione, m’ha menato. Bella vittoria e grande è il perdonare. Dunque per onore del mio signore e per lo mio utile priega: e se tanto di me ti cale, non ti paia l’affanno, che non fia piccolo, malagevole, acciò che me possa rendere lieto a’ miseri parenti, ignoranti de’ miei angosciosi fati. Per merito del quale bene, se ’l farai, spero che lungamente gl’iddii ti serveranno lieto a’ tuoi, se gli hai -.

- Non fia sì lungo come pensi l’affanno - rispose Menedon alla fonte. E volto a Filocolo, a cui niente riferire bisognava, ché tutto avea udito, con umile preghiera gli domandò che la sua grazia gli rendesse, e con Menedon ciascuno degli altri in merito del lungo affanno similemente la dimandarono. A’ quali Filocolo liberamente la concedette, giurando per se medesimo che di perfetto amore l’amerà per inanzi, e le preterite cose sì come fanciullesche metterà in oblio: di che tutti il ringraziarono. E Filocolo a Biancifiore commise che sì lieta novella narrasse all’aspettante, la quale graziosa non aspettò il secondo comandamento, ma voltato sopra la fonte il viso, riguardando in essa, disse: O giovane, che nelle liquide onde la tua forma nascondi, confortati, la grazia del tuo signore t’è renduta: e però sicuro nella sua presenza ti presenta -. La chiara fonte sì tosto come in sé riceveo la bella imagine della sua donna, così la conobbe, e lasciato l’usato bollire, con soave movimento intorno a quella mostrava festa, e la voce entrata per le dolenti caverne rendé letizia al misero; per che così parlò: O immortali iddii, a’ quali niuna cosa si occulta, sia lodata la vostra inestimabile potenza. Io