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giovani, e sopra le verdi erbe fra’ salvatichi cerri presono il cibo, dopo il quale, in picciolo spazio, con non pensato passo la notte li sopravenne, e il cielo pieno di chiare stelle dava piacevole indizio al futuro giorno. Per che Filocolo vicino alla fontana, sopra un praticello pieno di verdi erbette, fece chiamare Biancifiore, alla quale era ignoto il luogo dov’ella fosse, e con parole piacevoli così le cominciò a dire: O lungamente da me disiderata giovane, dimmi, per quello amore che tu mi porti, il vero di ciò ch’io ti domanderò -. - Sì farò - disse Biancifiore. A cui Filocolo seguì: Etti uscito della memoria Fileno, a cui tu con le propie mani donasti per amore il caro velo? O sospirasti mai per lui poi che di Marmorina temendomi si partì? -. A queste parole dipinse Biancifiore il suo candido viso per vergogna di bella rossezza, ma le notturne tenebre le furono graziose, e quello celarono, e rispose così: Signor mio, a me sopra tutte le cose caro, e a cui niuno mio segreto dee essere ascoso, assai volte di Fileno mi sono ricordata e ricordo. E come potrà egli mai della mia memoria uscire, con ciò sia cosa che ancora mi spaventi la rimembranza della pistola ch’io da te ricevetti, turbato per falsa oppinione avuta in me per lo ricordato velo, il quale io, costretta dalla tua madre, donai, non per mia voglia? Ma veramente mai amore per lui sospirare non mi fece: anzi giuro che se licito mi fosse odiarlo, io chiederei di grazia agl’iddii che la sua memoria levassero di terra -. Disse allora Filocolo: Sariati caro vederlo? -. A cui Biancifiore: Certo sì, nella vostra grazia; e la cagione che a questo mi moveria non saria amore ch’io gli porti, ma sola pietà de’ suoi parenti,