Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/279

ogni parte dalle tempestose onde percosso, e i furiosi venti, a’ quali niuna marinesca arte mi dà rimedio, m’hanno le vele, che già furono liete, levate, e i timoni, e niuno argomento m’è a mia salute rimaso: anzi mi veggio d’una parte al cielo minacciare, e d’altra le lontane onde mostrano il mare doversi con maggior tempesta commuovere. I venti sono tanti ch’io non posso né avanti né adietro andare, e se io potessi, non saprei qual porto cercare mi dovessi. E ancora che la morte mi fosse cara se mi venisse, nondimeno mi pure spaventa ella sovente sopra le torbide onde con le sue minacce, e gl’iddii hanno gli occhi rivolti altrove, e a’ miei prieghi turati gli orecchi, e i falsi amici m’hanno lasciato, e il buono non mi può atare: qual io stia omai pensatelvi -.

Filocolo, che già tali mari avea navicati, a se medesimo pensando, di Caleon divenne pietoso, e disse: Giovane, a quel maestro che ha più volte operando la sua arte esperta si puote e deesi credere con più giusta ragione che a quello o che la sperimenta o sperimentare la dee; né questo si può negare. Sono adunque i mutamenti della fortuna varii e le sue vie non conosciute. Già fu che io con più tempesta ne’ mari dove il tuo legno dimora mi trovai che tu non truovi, e certo io non potea sperare se non morte, né altro dintorno mi vedea, quando subitamente in porto di salute mi vidi con tranquillo mare. E tu ti dei ricordare, non sono ancora molti anni passati, quanto la tua vita alla mia fosse contraria, quando ti specchiavi nel tuo disio, e io pellegrino con grieve doglia ignorava ove il mio fosse; e ora io il mio veggio e tengo, e tu quello che avevi non tieni; per