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quello non lasciò palesare. E questo detto, Filocolo con le giovani uscì di quella al chiaro giorno.

Il debito ringraziare alle giovani da Filocolo fatto, mostrò quanto fosse stato a Filocolo caro la dimostrazione della fonte fatta da loro, e simile il chiarimento delle degne mutazioni: dopo il quale, da loro con piacevoli parole prese congedo, verso la città co’ suoi ritornando. Alla quale ancora non pervenuto, di lontano conobbe Caleon, a lui carissimo per lo non dimenticato onore, al quale egli sopravenne avanti che da lui conosciuto fosse. Ma non prima Caleon lo conobbe che con riverenza il riceveo: e partita la maraviglia, e l’amorose accoglienze finite, Caleon voltò i passi e con Filocolo nella città ritornò, de’ suoi felici casi contento, ben che a’ suoi, contrarii, alquanto la sforzevole entratrice invidia aggiugnesse dolore.

Tornati alla città, Filocolo domanda che sia della bella Fiammetta, per adietro stata loro reina nell’amoroso giardino; alla cui domanda Caleon subito non rispose, ma bassò la fronte, e con dolore riguardava la terra. A cui Filocolo: O caro amico, come prendi tu ora turbazione di ciò che già mi ricorda ti rallegravi? Qual è la cagione? Non vive Fiammetta? -. Allora Caleon dopo un sospiro disse: Vive, ma la fortuna volubile m’ha mutata legge, e tale me la conviene usare, che assai più cara mi saria la morte -. - E come? - disse Filocolo. A cui Caleon: Quella stella, al chiaro raggio della quale la mia picciola navicella avea la sua proda dirizzata per pervenire a salutevole porto, è per nuovo turbo sparita: e io misero nocchiero rimaso in mezzo mare sono d’