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trovarono però il malvagio colloquio cessato, anzi quelle ferme in quello, sanza alcuna paura del divino giudicio, dimoravano. Qui Venere non salutò né fu salutata; ma volta ad Alleiram disse: "Dunque, o iniqua giovane, prendi tu gloria d’aver dispiaciuto a noi, e insuperbisci per la tardata vendetta, e minacci di peggio operare? Or non pensi tu che con riposato andamento noi procediamo delle nostre ire alla vendetta, poi il tardato tempo con accrescimento di pena ristoriamo? Tu rea di gravissimo peccato, ora riceverai guiderdone. Tu rifiutatrice de’ nostri dardi, diverrai fredda e impossibile a quelli ricevere: né più avanti piacerai, né vedrai chi per te o spenda, o muova brighe, o si dimentichi, né più di cotali riderai, né eleggerai, né romperai vasi. E come tu già niuna compassione avesti verso chi quella meritava, così molti, sappiendo i tuoi casi, forse di te compassione avranno: ma niente ti gioverà. E come altri a te per pietà già porse prieghi, così a te fia tolto di poterne porgere. E sì come io non ti potei a’ miei voleri recare, così me a’ tuoi non conducerà né uomo né dio. E prima le lagrime di colui che già fu tuo finiranno, e tornerà la perduta allegrezza per più dolce obietto che tu non fosti, che tu solamente in speranza ritorni di ritornare nella perduta forma. E le laude già dette della tua bellezza in amorosi versi, altro titolo che della tua prenderanno, né mai ti fia possibile il più nuocergli che nociuto gli abbi: anzi se la mia deità merita di conoscere alcuna delle future cose, tu, vaga di riavere la sua grazia, di quella patirai difetto, come mi pare, e misera conoscerai quanta sia la mia potenza da te con parole orribili dispregiata.