Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/262

tu, benivolo co’ malivoli, degno luogo non puoi avere. Sia l’acerbità consumatrice de’ cuori che la nutricano, degni di perdere e la tua grazia e quella degli uomini -.

Così tosto come Filocolo, dette queste parole, tacque, Idamaria, che interamente l’avea notate, disse: O giovane, se gl’iddii te al nominato paese riportino con prospera vita, dinne onde t’è manifesto ciò che qui parli in degno dispregio della pietra che tu tocchi. Tu ne fai maravigliare, essendo tu d’occidente e noi paesane, non essendoci quello che a te è, manifesto -. Alla quale Filocolo parlando sodisfece, e domandò se ’l modo della trasformazione di quella - fosse loro noto che gliele dicessero. A cui Alcimenal: Per udita tutto il sappiamo; e poi che n’hai col tuo dire appagate, col nostro sanza dimoranza t’appagheremo, e fiati caro -. E cominciò così:

- I nostri antichi, che con solenne memoria le cose della loro età notarono, ne dicevano sé ricordarsi in questa parte né la pietra né il bel granato né queste spine, le quali, pochi dì sono passati, fiorite vedemmo, sì come ora sono bocciolose, non esserci, ma sola l’acqua e la grotta di questo luogo si contentavano. E similemente ne dicevano che questo luogo, il quale ora più da’ pastori che da altra gente veggiamo visitato, rideva tutto d’arbori e d’erbe, essendo con ordine il suo suolo cultivato da maestra mano: per la qual cosa i gentili uomini e le donne, vaghi di riposo e di diletto, qui per prendere quello soleano venire. Per che avvenne che di questa stagione, un giorno, donne di Partenope qui vennero a sollazzarsi, e schiusa da’ loro cuori ogni malinconia, tutte liete