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LIBRO QUARTO 21

dalla luce de’ begli occhi di Biancifiore -. E poi bassati gli occhi sopra le salate onde, e vedendole verdi e spumanti biancheggiare nelle sue rotture con tumultuoso romore, e similmente il vento con sottili sottentramenti stimolare quelle, turbato in se medesimo dicea: O dispietata forza di Nettunno, perché commovendo le tue acque impedisci il mio andare? Forse tu pensi ch’io un’altra volta porti il greco fuoco alla tua fortezza, come fecero coloro a’ quali se tu così crudele, come a me se’, fossi stato, ancora le sue mura vedresti intere e piene di popolo sanza essere mai state offese. Io non porto insidie, ma come umile amante, col cuore acceso di fiamma inestinguibile, per lo piacere d’una bellissima giovane, sì come tu già avesti, cerco mediante la tua pace di ritrovare lei, allontanata per inganni d’alcuni dalla mia presenza. Di che meritarono più coloro nel tuo cospetto, che portandonela da me la divisero, che meriti io? Che ho io verso di te offeso, che commesso più che gli ausonici mercatanti? Niuna cosa: con continui sacrificii ho la tua deità essaltata cercandola di pacificare verso me. Alla quale s’io forse mai offesi, ignorantemente il male commisi: e che che io m’avessi commesso, ben ti dovrebbe bastare, pensando quello che mi facesti, non è lungo tempo passato, quando me e’ miei compagni per morti quasi in questo luogo ci gittasti sopra lo spezzato legno. Adunque perché sanza utilità più avanti mi nuoci? Certo, se i tuoi regni fossero da essere cercati brieve quantità come da Leandro erano, con la virtù dell’anello ricevuto dalla pietosa madre, mi metterei a cercare il disiato luogo oltre al tuo piacere e crederei poter fornire