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vi sia questo dagl’iddii imputato in colpa -. Seguì a questa voce Filocolo: Dunque, o giovane, se gl’iddii, gli uomini e le fiere ti sieno graziosi e i tuoi rami con pietosa sollecitudine conservino interi, non ti sia noia dirci chi tu se’, e per che qui relegato dimori -. Così rispose il pedale: L’amaritudine, che la dolente anima sente, non può torre che a’ vostri prieghi non sia sodisfatto, perché tanto è dalla dolcezza di quelli legata, che posponendo l’angoscia, disiderosa di piacervi, vuole che io vi risponda; e però così brievemente vi dico. La genitrice di me misero mi diede per padre un pastore chiamato Eucomos, i cui vestigii quasi tutta la mia puerile età seguitai; ma poi che la nobiltà dello ’ngegno, del quale natura mi dotò venne crescendo, torsi i piedi dal basso calle, e sforzandomi per più aspre vie di salire all’alte cose, avvenne che, per quelle incautamente andando, nelle reti tese da Cupido incappai, delle quali mai isviluppare non mi potei: di che con ragione dolendomi, per miserazione degl’iddii, in quella forma che voi mi vedete, per fuggire peggio, mi trasmutaro -. E qui si tacque.

Poi che Filocolo sentì la dolente voce aver posto silenzio e già Biancifiore con sua compagnia essere sopravenuta, egli rincominciò così: Se quella terra, che noi calchiamo, lungamente alle tue radici presti grazioso umore, per lo quale esse diligentemente nutrite le tue frondi nutrichino e a’ tuoi rami aggiungano copiosa quantità de’ tuoi pomi, e se il tuo pedale sia lungamente dalla tagliente scure difeso, non ti sia duro ancora parlarne e farci noto donde fosti, e il tuo nome, e come qui venisti, e per che modo nelle reti d’amore incappasti, e qual fu la cagione perché