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ricordandosi d’aversi vantato al paone di dovere Biancifiore, il giorno della festa delle sue nozze, della coppa servire, all’amiraglio cotal dono di grazia dimandò e fugli conceduto; per che quel giorno e quanto la festa durò, graziosamente di tale uficio con reverenzia la servì. A quella mensa furono molti grandi e alti presenti da parte dell’amiraglio e di Dario e d’altri grandi uomini del paese portati, e da parte di Sadoc la gran coppa con quelli bisanti e con molti altri gioielli fu recata: di che Filocolo e lui e gli altri ringraziò debitamente, e a tutti doni alla loro grandezza convenevoli donò.

Già il sole minacciava l’occaso, quando all’amiraglio e a Filocolo parve di tornare alla città; ma Parmenione che d’adestrare Biancifiore a casa del novello sposo era al paone vantato, non essendogli uscito di mente, vestito con Alcipiade figliuolo dell’amiraglio, e con alcuni altri giovani nobili della città, di drappi rilucentissimi e gravi per molto oro, al freno di Biancifiore vennero, e quella infino al real palagio adestrandola accompagnarono, dove ella, con festa tale ch’ogni comparazione vi saria scarsa, fu ricevuta.

Menedon che la sua promissione non avea similemente messa in oblio, dimandati all’amiraglio compagni, e da lui molti nobili giovani della città ricevuti, con varii vestimenti di seta sopra i correnti cavalli, di simile vesta coperti, più volte mentre la festa durò, quando con bigordi e quando con bandiere, i cavalli, tutti risonanti di tintinnanti sonagli, armeggiando, onorevolemente la festa essaltò. Ma Ascalion volonterosamente il suo voto avria fornito, ma,