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me caro nipote, della quale egli ancora ne’ puerili anni, sì come gl’iddii delle cose che avvengono consenzienti, innamorò. Al cui amore, avuta da’ contrarii fati invidia, fu con gran sollecitudine cercato di porre fine, dubitando di non pervenire a quello che i movimenti celestiali, secondo alcuni, avvegna che non savi, incessabili, gli hanno ultimamente condotti, egli, per fuggire questo, dando fede al sottile inganno fatto per alcuno, che oltre al dovere l’odiava, consentì che al fuoco dannata fosse; dove ella pervenuta, e di sua salute incerta, fu dagl’iddii e da costui con mirabile aiuto soccorsa e levata da tale pericolo. La qual cosa vedendo, il re, acciò che quello che pur volea fuggire non gli seguisse, lei, moltitudine di tesori venduta a’ mercatanti, diede ad intendere essere morta, la quale Florio, uccidendosi, s’avea proposto di seguitarla: ma, la verità narratagli dalla madre, a me carnale sorella, rimase in vita. Ella fu qui da’ mercatanti recata, e da me, per donare al Soldano, tesori sanza numero comperata; e qui da lui, molti pericoli medianti, seguita, con sottile ingegno s’argomentò di congiungere quello che ’l padre con tanti avvisi avea voluto dividere. E andato per artificio mai non udito a lei nell’alta torre, con lei il trovai dormendo, e mosso a subita ira, quasi con la mia spada non gli uccisi; ma gl’iddii, a cui niuna cosa s’occulta, conoscendo che ancora da loro gran frutto dovea uscire, li difesero dal mio colpo. Ma non però mancata la mia ira, con furore li giudicai come vedeste; e quanto gl’iddii gli aiutassero, ancora vi fu manifesto. Venuti adunque per tante avversità e per sì fatti pericoli com’io v’ho narrato, aiutati in