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te e’ tuoi compagni e me è fermata. Adempi adunque per la tua nobiltà il mio disio -.

Filocolo, udite le parole dell’amiraglio, pensa un poco, e prima che risponda, essamina quello che convenevole sia da dire, e che da tacere, e conosce omai convenevole l’essere conosciuto, poi che acquistata ha colei per cui il suo nome celava, e così gli risponde: Signore, niuna paura mi farà tacere la verità a voi disiderante di sapere chi io sia, e però che vi sia più caro che io viva che se io fossi morto, più volentieri vel dirò. Siavi adunque manifesto che io mi chiamo Florio, e per tema della fama del mio nome, divenuto pellegrino d’amore, in Filocolo il trasmutai, e così ora m’appellano i compagni, e sono nipote d’Atalante sostenitore de’ cieli, al quale Felice re di Spagna mio padre fu figliuolo. E dalla mia puerizia innamorato di Biancifiore, discesa dell’alto sangue dell’Africano Scipione, nata nelle nostre case, come fortunoso caso volle, essendo ella falsamente, e di nascosto a me, venduta e qui recata, infino in questo luogo mediante molti avversi casi l’ho seguita. E sappiendo che nella gran torre dimorava, né potendo a lei in alcun modo parlare o vederla, avendo le condizioni della torre interamente spiate, ammaestrato dalli ingegni della mia madre, a mio padre di questi paesi venuta, a cui gl’iddii ciò che seppe Medea hanno dato a sapere, in quella forma che Giove con Asterien ebbe piacevoli congiugnimenti, mi mutai, e in quella torre volai, e lei dormendo, tornato io in vera forma, nelle braccia mi recai, la quale, svegliata, lungamente a rassicurare penai, tanto la vostra signoria dottava, non ancora così subito riconoscendomi. La