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Altre porgono pietose orazioni agl’iddii per lo salvamento della picciola schiera: altra va e torna, altra alcuna volta non si parte, disiderando di vedere la fine. I vittoriosi cavalieri s’accostano al fummo dolenti della loro vittoria sanza morte, e, quella disiderando, niuno le sue piaghe ristringe, ma riguardando per lo campo si maravigliano di ciò che essi pochi hanno fatto, vedendo grande la moltitudine de’ morti e de’ feriti. Ciascuno ringrazia il grande cavaliere, non conoscendolo per iddio, e di molte cose il dimandano, ma esso a nulla né a niuno risponde. Ciascuno vorria vedere, se possibile fosse, i busti de’ corpi che essi morti estimavano. Alcuni di loro diceano essere convenevole omai gittarsi vivi sopra il loro fuoco, acciò che una medesima fiamma le ceneri di tutti raccogliesse in uno. Altri lodavano prima a loro porgere sepultura, e poi sé ardere, dicendo che degna cosa non era le loro ceneri con altre, che sì non si amassero, contaminare.

E mentre che queste cose, disiderosi della loro morte, ragionavano, e tentavano di vedere e di passare il fummo, il quale punto loro non si apriva, Filocolo, il quale più volte per lo infinito romore avea della sua salute dubitato, udendo costoro dintorno a sé ragionare, non però conoscendoli né intendendo ciò che diceano, né potendogli vedere, sentendo il prato quieto e sanza alcun romore, fuori che d’un picciolo pianto che faceano i feriti, con quella voce più alta, che paura nel timido petto avea lasciata, così cominciò a dire: O qualunque cavalieri che intorno a’ miseri dimorate, di noi forse pietosamente ragionando, quella pietà che di noi hanno avuta gl’iddii, entri