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tra grande moltitudine d’armati pedoni, quivi combattendo, furono loro uccisi i buoni cavalli: per che rimanendo a piede, forte combattendo con la scelerata turba, di quelli intorno a sé ciascuno avea fatto gran monte d’uccisi, sopra i quali saette e lance, in grandissima quantità, quasi in forma di nuvoli si saria veduta continuamente cadere. E ben che ciascuno de’ sette mirabili cose facesse, di niuno fu maraviglia il campare sanza morte quanto di questi due. Andavano adunque combattendo i sette compagni valorosamente, più per vendicare la morte di Filocolo e per morire, che per vaghezza d’acquistar vittoria. E già presso che al loro intendimento venuti, avendone essi molti uccisi, e ciascuno debole e stanco e in molte parti ferito, ognora più multiplicando il popolo e la quantità degli armati cavalieri, si disponeano a rendere l’anime. Il feroce iddio, che ciò conosceva, mossosi, dietro se li raccolse, e con veloce corso intorniando il prato tutti e otto, col suo aspetto a qualunque era nel campo tanta paura porse, che come a Noto, robustissimo vento, fugge davanti alla faccia la sottile arena sanza resistenza, così a lui generalmente ogni uomo fuggiva, trepidando la morte, non altrimenti che la timida cerbia veduto il fiero leone.

Votasi con grandissimo romore l’ampia prateria: niuna gente vi rimane, se non i vincitori, o quelli i quali, morti o feriti, non hanno potenza di fuggire; né alcuno ha ardire di più ritornare nel prato. Le lagrime delle vaghe giovani, che pietose riguardavano dell’alta torre, crescono per l’uccisione, e con quelle la loro speranza della salute di Biancifiore: e molte, non potendo sostenere di vedere l’uccisione, se ne levano.