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lo perduto sangue, vedendosi sanza scudo, volta e redine del destriere, e lasciando il campo, verso Alessandria se ne fugge. Il romore per gl’incominciati colpi multiplica: gli altri compagni d’Ascalion, poi che videro lui cominciare, ciascuno, bassata la lancia, corre verso i nimici, e, per essemplo del vecchio cavaliere, ciascuno vigorosamente combatte, e sanza alcuna paura di morire. Ma Parmenione che con Flagrareo s’era scontrato, datisi due gran colpi nell’affrontare, combatte maravigliosamente, e punto non spaventato per la fierezza del nimico, né della moltitudine circustante, con maestrevoli e forti colpi il reca a fine, e semimorto quivi il lasciò davanti al fummo, correndo agli altri. Bellisano, ormai anziano cavaliere, d’armi gran maestro e di guerra, faceva mirabili cose. Egli, andando dietro ad Ascalion, quanti davanti del misero popolazzo gli venieno, tanti n’uccideva o feriva, né alcuno a’ suoi colpi poteva riparare. Il duca dall’altra parte, scontratosi con un turchio chiamato Belial, ferocissimo e di gran forza, combattea mirabilmente bene, ma resistere non gli avria potuto, se non che venendo Menedon di traverso con una scure in mano levata ad un cavaliere, che morto avea, quella alzando, sì forte diede sopra la testa al turchio che feritolo a morte e storditolo, tutto sopra ’l collo del cavallo caduto stette grande ora, difeso da molti; ma poi risentendosi, recatosi il freno in mano, e cominciando a fuggire tenne la via verso il mare con molti altri, e seguiti dal duca e da Menedon, per tema de’ mortali colpi con tutti i cavalli fuggirono in mare, de’ quali assai, credendo morte fuggire, morirono. Messaallino e Dario erano più che gli altri vicini al fummo venuti, correndo dietro a’ due cavalieri; e incappati