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e puro aere, nel quale tutta si mostrò loro e disse: Cari suggetti, le vostre voci hanno commossi i cieli e impetrato aiuto; rassicuratevi: io sono la vostra Citerea, madre del vostro signore. Questa sarà ultima ingiuria a voi e fine delle vostre avversità, dopo la quale voi pacificamente, avendo vinta la contraria fortuna, viverete. Io v’ho recato segnale d’etterna pace: guardatelo infino che di qui uscirete. Marte per lo vostro aiuto stimola i tuoi compagni con sollecitudine; né prima di qui mi partirò, che tu li sentirai cercare la vostra salute con armata mano -. E questo detto, lasciato l’ulivo nelle loro mani si partì, volendo essi già ringraziarla.

La santa voce con intera speranza riconfortò gli sconsolati amanti, i quali con perfetto animo rendeano agl’iddii degne lode di tale aiuto; ma ben che il fummo rivolto alla circunstante gente impedisse il potere costoro vedere, nondimeno il furioso popolo e gli armati cavalieri dalla incominciata iniquità non ristavano, ma crucciati, più pronti s’ingegnavano di far male. Ircuscomos con una mazza ferrata in mano costringe i sergenti di ritrovare e d’ardere i giovani; Flagrareo dall’altra parte gli conforta al male operare. Ma invano adoperano: niuno li può rivedere, né alcuno non è possente di passare più oltre che il fummo si stenda. L’ira s’accende negli animi, e cercano di passare con le lance e con le saette l’oscurità del fummo, imaginando che delle molte alcuna gli ucciderà. Niuna cosa nuoce loro, niuna saetta vi passa: il romore era grande, tale che per poco spaventava i confortati amanti. Che più? Ogni ingegno di nuocere si pruova; ma invano s’affatica chi nuocere