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gli paresse, non però di mirare Biancifiore in quello si poté saziare. Ma poi che ’l giorno alla sopravegnente notte diede luogo, Glorizia, acconciato il letto di Biancifiore e bassate le cortine, trasse Filocolo del luogo dove stava, e lui di dietro alle cortine, come detto gli avea, ripose, pregandolo che s’attendesse e in quella maniera facesse che a lei la mattina promesso avea.

Mancati i giuochi e le feste delle pulcelle per la sopravenuta notte, Biancifiore con Glorizia se ne vennero nella gran camera per dormirsi. E sì come per adietro erano usate, cominciarono di Filocolo nuove cose a ragionare e molte: e Biancifiore, che una cintoletta di Florio avea, la quale lungo tempo avea guardata, quella tenendo in mano, altro che baciarla non facea. E in questa maniera dimorando, Glorizia disse: Biancifiore, se Iddio ciò che tu disideri ti conceda, vorresti tu che Florio fosse qui teco ora in diritto? -. Gittò allora Biancifiore un gran sospiro, e poi disse: Oimè, di che mi domandi tu ora? E’ non è niuna cosa nel mondo che io più tosto volessi, che io vorrei che Florio qui fosse, ben che male sia a disiderare ciò che non si può avere: avvegna che, se io che sono femina fossi fuori di questa torre, come io imprigionata ci sono dentro, e la mia libertà possedessi, com’io credo ch’egli la sua possegga, io non dubiterei d’andarlo per tutto il mondo cercando, infino che io il troverei; e se avvenisse che, così com’io dimoro rinchiusa, egli rinchiuso dimorasse, niuna via sarebbe che io non cercassi per essere con lui; e quando ogni via da potere essere con lui mi fosse tolta, certo io m’ingegnerei di commettermi a’ paurosi spiriti, che mi vi portassero.