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LIBRO QUARTO 13

enfiò, e con le sue onde passò gli usati termini, producendo un nuovo soffiare, ma più a Filocolo non parlò, il quale lungamente alcuna parola attese. Ma poi che per lungo spazio fu dimorato, e quella riposata vide sì come quando prima col nappo mossa l’avea, egli si dirizzò, e con li compagni suoi, di questa cosa tutti maravigliandosi, incominciarono a ragionare, dolendo a ciascuno del misero avvenimento di Fileno, dicendo: O quanto è dubbiosa cosa nella palestra d’Amore entrare, nella quale il sottomesso albitrio è impossibile da tal nodo slegare, se non quando a lui piace. Beati coloro che sanza lui vita virtuosa conducono, se bene guardiamo i fini a’ quali egli i suoi suggetti conduce. Chi avrebbe ora creduto nel salvatico paese trovare Fileno convertito in fontana di lagrime, il quale fu il più gaio cavaliere e il più leggiadro che la nostra corte avesse? Chi potrebbe pensare Filocolo figliuolo unico dell’alto re di Spagna, essere per amore divenuto pellegrino, e andare cercando le strane nazioni poste sotto il cielo, e ora in questo luogo trovarsi in questo tempo? -. A questo rispose Filocolo dicendo: L’essere venuto qui m’è assai caro; né per alcuna cosa vorrei non esserci stato, però che mirabile cosa e da notare abbiamo veduta nel diserto luogo, il quale n’è stato dagl’iddii comandato d’onorare, e detto il perché. E certo io non so in che atto io il possa avanti di più onore accrescere che io m’abbia fatto rinnovando il santo tempio e il suo altare -. A cui Ascalion disse: Noi andremo secondo il santo consiglio, e fornito il nostro cammino e ricevuta la cercata cosa, nel voltare de’ nostri passi il tornar qui non ci falla, e allora quello onore che in questo mezzo avremo ne’ nostri animi diliberato di fare faremo agl’iddii