Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/166

Io disidero di servirti, e di ciò che pregato m’hai sanza fallo ti servirò. Aiutinci gl’iddii a tanta impresa, e la fortuna, nelle cui mani ci rimettiamo, non ci sia avversa. Non lagrimare più, ma alza il viso, e ascolta qual via sia da noi da esser tenuta -. Piacquero a Filocolo queste parole, e alzò il viso. A cui Sadoc disse: Giovane, io ho in brieve spazio di tempo per la mia mente molte vie cercate per recare sì alto disio, come il tuo è, ad effetto, né alcuna ne truovo che buona sia a tal cosa recare a fine se non una sola, la quale è di non picciolo pericolo, ma di grande. Tu hai gran cosa dimandata, alla quale per picciolo affanno non si può pervenire: e però ascolta. Se a te dà il cuore di metterti a tanta ventura, io mi sono ricordato che di qui a pochi giorni in queste parti si celebra una festa grandissima, la quale noi chiamiamo de’ cavalieri. In quel giorno i templi di Marte e di Venere sono visitati con fiori e con frondi e con maravigliosa allegrezza: il quale giorno io avrò fatto per li vicini paesi le rose e’ fiori tutti cogliere, e in tante ceste porre, quante damigelle nella torre dimorano; e guardole in questo prato davanti la torre, dove l’amiraglio coronato e vestito di reali drappi con grandissima compagnia viene, e di ciascuna cesta prende rose con mano a suo piacere, e secondo che egli comanda, così poi le collo sopra la torre, faccendo chiamare quella a cui dice che data sia. E però che la tua Biancifiore la più bella è di tutte, sempre prima che alcuna altra è presentata, io ti porrò, se tu vuoi, in questa cesta che a Biancifiore presentare si dee, e coprirotti di rose e di fiori quanto meglio si potrà. Ma s’egli avvenisse che la fortuna, nimica de’ nostri avvisi,