Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/163

cosa a fare, là dove amichevole amore di due cuori fa uno, niuna cosa a fine di servigio ricevuto, o che ricevere per inanzi si deggia, avvegna che questo a me appropiare non posso, però che, come già dissi, da voi la vita tengo, e conoscovi tanto e tale, ch’io non dubito che voi più che altro uomo del mondo per me potete operare. E però non solamente coloro da’ quali l’uomo ha i servigi ricevuti sono da essere onorati, ma quelli ancora che possono per inanzi servire -. Il castellano, ferventissimo a’ piaceri di Filocolo, udendolo dire lui poterlo più ch’altro mai servire, con molti scongiuri lo strigne ch’egli non gli celi il dì, che fido d’essere così da lui servito, come se medesimo servirebbe. Più volte a questa dimanda tacque Filocolo, e ’l castellano più volte, ognora più acceso, desiderava di sapere in che a Filocolo potesse servire. La qual cosa vedendo Filocolo, più volte volle il suo disio palesare, e infino al proferire recò le parole, e poi dubitando le tirava indietro, in altre novelle volgendo le sue parole. Ma il castellano, avendo proposto pur di volere sapere in che servire lo potesse, non restava d’incalciarlo, ogni novella rompendogli, e che ciò gli dicesse pregandolo, non pensando che dovesse riuscire a quello che fece. Filocolo, così incalciato, e più ognora dubitando, per avventura si ricordò d’un verso già da lui letto in Ovidio, ove i paurosi dispregia dicendo: ’La fortuna aiuta gli audaci, e i timidi caccia via’; e vedendo manifestamente che tra lui e la fine del suo disio era questo in mezzo e che parlare gli convenia s’egli servigio volea ricevere, allargò le forze al disiderante cuore, e propose di dare via alle parole, e cominciò così:

- Signore, però ch’