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ciò che al castellano dee dire, e quello che con lui vuol fare, e che movimento deggia il suo essere a dovergli narrare il suo segreto. Molte vie truova, e ciascuna pruova in se medesimo, e le migliori riserba nella memoria. Poco abandonano la notte le sollecitudini lo ’nnamorato petto, e la notte, che già maggiore gl’incominciava a parere che l’altre, si consuma: e il chiaro giorno rallegra il mondo. Levasi Filocolo, e tacitamente e con discrezione ordina ciò che davanti al sonno la notte avea pensato; e venuta l’ora ch’egli estimò convenevole, soletto se ne cavalcò alla torre. Quivi dal castellano con mirabile onore è ricevuto, e le tavole preste niuna cosa aspettano se non loro.

Dopo alcuni ragionamenti s’asettano costoro alle tavole, come piacque al castellano, e con gran festa mangiano splendidamente serviti. E già presso alla fine del mangiare, Filocolo cominciò a dubitare non corto venisse il suo avviso ad effetto, però che già tempo gli parea, con ciò fosse cosa che altro non restasse al levare delle tavole se non le frutta. Ma mentre che in tale pensiero alquanto alterato dimorava, Parmenione giunse quivi il quale contentò assai Filocolo nella sua venuta, e salito in su la sala, nelle sue mani recò la bellissima coppa e grande d’oro, la quale con gli altri tesori Felice re ricevette per pregio della giovane Biancifiore dagli ausonici mercatanti, e quella piena di bisanti d’oro, tanto grave che appena avria più Parmenione potuto portare, coperta con uno sottilissimo velo, davanti Sadoc la presentò, dicendo: Bel signore, quel giovane al quale voi ieri per vostra benignità la vita servaste, avendo egli per sua presuntuosità