Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/149

che il suo volere adempiere, né ancora ha alcuna volta ne’ suoi pensieri conosciuti i suoi folli disii come ora conosce. Per che egli fra sé e sé cominciò a dire:

- O poco savio, quale stimolo a tante pericolose cose infino a qui t’ha mosso e vuole a maggiori da quinci inanzi muovere? Niuna cosa, se non una femina, amata da te oltre al dovere. Ora è egli licito l’amare altrui più che sé? Certo no, ché ogni ordinato amore incomincia e procede dall’amare se medesimo: dunque ama più te che questa femina. "E così fo io". "Non fai, ché se tu più te amassi, tu non cercheresti i pericolosi casi per la sua salute, dove la tua agevolmente si può perdere". "La mia non si perderà". "E chi te ne fa certo?". "La speranza ch’io porto agl’iddii che m’aiuteranno". "Gl’iddii aiutano coloro che per debita ragione si mettono a non strabocchevoli pericoli e lasciano perire chi n’ha voglia, come pare che tu abbia". "Adunque come debbo fare?". "Lasciala stare". "Io non posso". "Sì, potrai, se tu vorrai". "E che vita sarà la mia sanza amore?". "Quale è stata quella di coloro che sono stati davanti a te". "Io non potrei sanza amore vivere". "Amane un’altra, quella che al tuo padre piacerà, e torna a lui co’ tuoi tesori, e contentalo come tu dei, ché sai ch’egli ama te sopra tutte le cose, e non seguire più questo: meno male è corta che lunga follia". "L’uomo non può amare e disamare a sua posta. E come lascerei io questa impresa, acciò che poi si dicesse: ’Filocolo per viltà fu nel luogo dove Biancifiore era, cui egli amava tanto secondo che diceva, né in alcuno modo tentò di riaverla’?". "Oh quanti perirono già per non volere le loro folli imprese lasciare, temendo di cotesti detti, i quali in brieve tempo