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stato più leale che colui lieto, da chi diritto vuole giudicare -.

Non seguitava appresso Messaallino alcuno più che a proporre avesse, però che tutti aveano proposto, e il sole già bassando, lasciava più temperato aere ne’ luoghi. Per la qual cosa Fiammetta, reverendissima reina dell’amoroso popolo, si dirizzò in piè e così disse: Signori e donne, compiute sono le nostre quistioni, alle quali, mercé degl’iddii, noi secondo la nostra modica conoscenza avemo risposto, seguendo più tosto festeggevole ragionare che atto di quistionare. E similmente conosciamo molte cose più potersi intorno a quelle rispondere e migliori che noi non abbiamo dette: ma quelle che dette sono assai bastano alla nostra festa, l’altre rimangano a’ filosofanti in Attene. Noi vedemo già Febo guardarci con non diritto aspetto, e sentiamo l’aere rinfrescato, e i nostri compagni avere rincominciata la festa, che qui vegnendo per troppo caldo lasciammo; e però ci pare di noi tornare similmente a quella -. E questo detto, presa con le dilicate mani la laurea corona della sua testa, nel luogo dove seduta era la pose, dicendo: Io lascio qui la corona del mio e vostro onore, infino a tanto che noi qui a simile ragionamento torniamo -. E preso Filocolo per la mano, che già s’era con gli altri levato, tornarono a festeggiare.

Sonarono i lieti strumenti e l’aere pieno d’amorosi canti da tutte parti si sentiva, e niuna parte del giardino era sanza festa: nella quale quel giorno infino alla sua fine tutti lietamente dimorarono. Ma sopravenuta la notte, mostrando già la loro luce le stelle, alla donna e a tutti parve di partire tornando