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tanto amata procede, ch’egli faccia grandissima e notabile cosa lealtà servando, e in molta quantità avanzi in sé la lealtà, che l’allegrezza in sé: e così terremo -.

- Certo - disse Messaallino, - altissima reina, come voi dite credo che sia; ma gran cosa mi pare a pensare che a tanta letizia, quanta in colui che la donna riebbe fu, si potesse porre comparazione di grandezza in niuna altra cosa, con ciò sia cosa che maggior dolore non si sostenga che quello quando per morte amata cosa si perde. Appresso, se ’l cavaliere fu leale, come qui già si disse, egli fece suo dovere, però che tutti siamo tenuti a virtù operare: e chi fa quello a che è tenuto, bene è fatto, ma non è da riputare gran cosa. Però io imagino che giudicare maggiore l’allegrezza che la lealtà si poria consentire.

- Voi a voi medesimo contradite nelle vostre parole - disse la reina - però che così si dee l’uomo rallegrare per dovere del bene che Iddio gli fa, come operare virtù; ma se essere si potesse nell’uno caso essere dolente, come nell’altro si poria disleale, poriasi al vostro parere consentire: le naturali leggi seguire, che non si possono fuggire, non è gran cosa, ma le positive ubidire è virtù dell’animo; e le virtù dell’animo e per grandezza e per ogni altra cosa sono da preporre alle corporali, e però esse opere virtuose, faccendo degna compensazione, avanzano in grandezza ogni altra operazione. Ancora si può dire che l’essere stato leale dura in essere sempre: la letizia si può in subita tristizia voltare, o diventa nulla o modica dopo poco spazio di tempo, possedendo la cosa per che lieto si diventa. E però dicasi il cavaliere essere