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si maravigliò, e dicea: "O gl’iddii hanno voluto tentare per adietro la mia costanza, o io sono ingannato. A me pur con vera voce pervenne che la presente città era da romano fuoco arsa, e ora con aperti occhi veggo il contrario. E il narratore di così fatte cose pur morì nella mia presenza, e io gli feci dare sepoltura: e ora qui davanti vivo mi si rapresenta". In questi pensieri lungamente stato, non potendo più la nuova ammirazione sostenere, chiamò a sè quel cavaliere, il quale già credeva che nell’arene di Spagna fosse dissoluto, e dissegli: Le tue non vere parole t’hanno degna morte guadagnata, però che esse non è ancora passato il secondo mese poi mossero il nostro costante animo a grandissima ira e ad inique operazioni sanza ragione. Or non ci narrasti tu la distruzione della presente città con piagnevole voce, la quale noi ora trovata abbiamo sanza niuno difetto? Tu fosti cagione di farci commuovere tutto il ponente contra la inestimabile potenza de’ romani, del qual movimento ancora non sappiamo che fine seguire ce ne debbia -. Maravigliossi molto il cavaliere, udite le parole, dicendo umilemente: Signor mio, in voi sta il farmi morire o il lasciarmi in vita, ma a me è nuovo ciò che voi mi narrate; e poi che voi qui mi lasciaste, mai io non mi partii, e a ciò chiamo testimonii gl’iddii e ’l vostro popolo della presente città, il quale seco mi ha continuamente veduto; nè mai dopo la vostra partita ci fu alcuna novità -. Allora si maravigliò il re molto più che mai, dicendo fra se medesimo: "Veramente hanno gl’iddii voluto tentar le mie forze e aggiungere la presente vittoria